Il teatro di questa storia è il castello di S. Felice sul Panaro, i personaggi sono quelli del “Magico carnevale” di Mario Lasalandra da cui in molti hanno tratto ispirazioni diverse. Il castello è una dimora solida e di difficile accesso, un simbolo di protezione e di privato ed ha da sempre avvampato la fantasia di ognuno e dato la sensazione che, trattenute da poderose mura, al suo interno si accendano trame e storie dense di mistero. Al mirare quelle rocche si riapre la finestra della fantasia fanciullesca e, ciò che gravita intorno a quel perimetro, assume un significato immaginifico. Dai portali imponenti escono figure tra loro contrastanti nella loro apparenza, angeli e demoni, opposizione come luce ed ombra, bene e male, morale e vizio, Ora vagano smarrite, si atteggiano nelle pose del loro essere figure fantastiche e formano questo racconto. L’incontro tra i due poteri innesca un incendio che avvampa il castello e le fiamme pongono fine al suo generare mostri o gentili figure fantastiche. Si spengono le luci all’interno della rocca e diventa il simbolo dell’inconscio, della memoria, il desiderio indeterminato. Si forma un’isola salvatrice che preserva dalle fiamme tutti i personaggi, è la continuazione del genere umano. |